Nell’isola più verde delle Eolie, tanti i progetti di riqualificazione in cantiere da portare avanti quando la pandemia allenterà la presa.
di Antonio Schembri
Quando si parla della ricchezza naturalistica dell’antica Dydime, come la chiamavano i Greci, l’isola dei “gemelli”, per via dei suoi due coni vulcanici quasi identici che si stagliano con la loro sensuale silhouette a ridosso della fossa più profonda del Mediterraneo, non si fa riferimento solo ai colori e agli aromi di cespugli e arbusti di bassa quota come l’euforbia, il lentisco, l’erica e i corbezzoli, che qui sono piante vere e proprie, talvolta alte più di 4 metri; ma anche a alberi ultrasecolari: pini e ontani, querce e lecci e ancora castagni, eucalipti e felci, queste ultime fitte soprattutto nel cratere sommitale del monte più alto e botanicamente più ricco delle Eolie, il Fossa delle Felci, 962 metri di altitudine, 100 in più del fratello, il Monte dei Porri, che però vince sul piano scenografico. “Bosco misto”, lo chiamano i naturalisti: un unicum, per una piccola isola come questa. Come lo è la sua agricoltura millenaria esaltata dal suolo vulcanico, vocata al vino Malvasia (ben 9 le cantine attive sull’isola) e alla raccolta dei capperi, parte integrante del paesaggio e fulcro dell’economia isolana fino all’avvento del turismo.
Ma nel patrimonio di Salina c’è anche la componente faunistica. Ornitologica, in particolare. Proprio su questa il Comune di Malfa, uno dei tre di Salina punta per un rilancio turistico basato su ambiente e cultura. Combinazione che, secondo gli psicologi, in questo periodo di forte tensione per le conseguenze della pandemia mondiale, orienta già per molti i desideri sulle tipologie di viaggio da intraprendere quando questa morsa condizionante si allenterà. Uno dei simboli dell’isola è infatti il Falco Eleonorae, più noto come Falco della Regina, rapace che si può ammirare soprattutto al tramonto mentre volteggia, prima di gettarsi in picchiata su altri uccelli, sopra lo scenario di Pollara, il vasto cratere collassato in mare sotto il Monte dei Porri. In quest’area spettacolare, incorniciata dagli scogli a pelo d’acqua delle “Balate”, dal suggestivo arco del Perciato e dalla spiaggia cara a Massimo Troisi che poco prima di morire vi interpretò alcune delle scene più belle de “Il Postino”, c’è anche un sentiero pronto per essere riqualificato.
È quello che parte dal pianoro di Pollara bassa, dove si trova l’abitato dell’omonima frazione di Malfa, a circa 150 metri sul livello del mare e, dopo avere fiancheggiato la famosa casa rosa in cui il portalettere rappresentato da Troisi incontra Pablo Neruda impersonato da Philippe Noiret, conduce, attraverso una mulattiera di terra battuta e scalini di lava, fino alla falesia di Filo di Branda, prosegue fino al Pizzo del Corvo, a 450 metri sul mare e si arresta infine sugli strapiombi super panoramici della Praiola, dove nidifica il Falco della Regina.
Proprio su questo affascinante e non facile tracciato che, senza raggiungere le cime, incide i versanti delle due montagne collegando Pollara col borgo di Leni, il progetto del comune di Malfa ha previsto l’installazione di una stazione fissa per l’osservazione di questi rapaci, di cui attualmente si contano circa 20 coppie. “La parte del camminamento inclusa nel territorio di Malfa è quella più lunga, 3 chilometri e mezzo e verrà interamente ripulita, messa in sicurezza e dotata di un capanno di legno da cui sarà possibile anche fotografare i falchi e diverse altre specie di uccelli”, spiega Arturo Ciampi, uno dei due progettisti dell’ufficio tecnico. Spesa prevista per l’intervento, 1 milione e 138 mila euro. L’amministrazione di Malfa ha già trasmesso all’assessorato regionale Territorio e Ambiente anche l’istanza di finanziamento. “Entro la scadenza fissata per l’11 aprile, a meno di nuove proroghe legate all’emergenza sanitaria in corso, invieremo anche la richiesta della Valutazione di incidenza ambientale”, informano al Comune di Malfa.
Salina offre una sentieristica composta da 11 tracciati, di diversa difficoltà. Oltre a quello da riqualificare si contano altri due sentieri lungo i costoni dei monti gemelli. A questi si aggiungono i sei che portano sulla cima del Monte Fossa delle Felci e le due mulattiere che salgono sulla sommità del Monte dei Porri. La via più lunga e battuta verso il “tetto” delle Eolie è la “rotabile” della Forestale, strada chiamata così per la sua larghezza che consente ai soli addetti al parco di percorrerla con i fuoristrada: dall’attacco del sentiero, appena dietro il santuario della Madonna del Terzito, il più antico edificio sacro di Salina nel borgo di Valdichiesa, ci vogliono 8 chilometri e due ore e mezza di cammino. Sforzo ripagato dall’atmosfera incantata dell’enorme catino, largo 600 metri e profondo un centinaio, circondato da alberi secolari e solcato da viottoli che conducono a una distesa di grandi felci al centro del cratere e a un castagneto appena a fianco.
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